Il paradosso di Valencia

Nell'era degli eventi climatici estremi

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Editoriale di Francesco Grillo per Il Messaggero. 

C’è un paradosso che deve aver attraversato i pensieri di Filippo VI, il re di Spagna, mentre vedeva la propria autorità sgretolarsi nel fango. Valencia è, infatti – anzi era - una delle città che più lo rendeva orgoglioso. Governata, da sempre, dal Partito che gli è più fedele, era uno degli esempi più convincenti di un Paese che sembrava aver acceso la freccia di sorpasso sull’Italia. All’inizio del secolo, fu Felipe ad inaugurare il capolavoro di una delle stelle dell’architettura mondiale, Santiago Calatrava che a Valencia è nato e che concepì quel complesso a forma di astronave bianca sul letto del fiume, Tiara, che fu prosciugato per evitare alluvioni come l’ultima del 1957. Valencia è, ancora, la prima destinazione di studenti Erasmus in Europa; secondo Forbes è la città preferita per chi lavora fuori dal proprio Paese d’origine. Infine, di Valencia sembra essere particolarmente innamorata la Commissione Europea: la città ha vinto il premio per esser “capitale verde dell’Unione” nel 2024 ed è una delle cento città scelte per anticipare le altre nel traguardo della neutralità climatica da raggiungere entro il 2030. Osservandola dai satelliti della NASA, di una città così oggettivamente bella, rimane oggi solo una laguna di rabbia nella quale sono annegate centinaia di vite.

25 milioni di EURO solo come primissimo intervento per riattivare il raccordo anulare di Valencia e riparare un chilometro di ferrovia accartocciata per riconnettere il Paese alla sua terza città più grande. Duecentoventi morti, ma molti dei dispersi potrebbero essere rimasti intrappolati nei garage riempiti d’acqua. Tre sono le spiegazioni di un impatto così devastante. 

La prima ha a che fare con il ritardo negli allarmi. Nonché nel lasciare a chi dirige uffici e fabbriche, la decisione di mandare tutti a casa. Alle 4 del pomeriggio del 29 ottobre, le scuole in piccoli centri alla periferia sud della capitale erano state già evacuate; a Valencia l’allarme generalizzato è arrivato con un messaggio SMS solo alle otto di sera, portando molti automobilisti verso una città diventata un fiume. Nel caso di emergenze, la razionalità dice – lo notammo quando ci fu da affrontare l’epidemia COVID19 – che i dati vanno raccolti centralmente e centralmente vanno assunte le decisioni di chiudere, guidare evacuazioni ordinate e avvertire la cittadinanza per evitare il caos.

La seconda ragione della catastrofe è abbastanza classica in questo tipo di tragedia. Ma è resa più drammaticamente concreta quando le autonomie regionali sono così forti dal renderle impermeabili al buon senso. Per portare i militari e la guardia civile nelle zone colpite dalla tragedia, il governo ha dovuto aspettare che ciò fosse chiesto e poi autorizzato dalla regione. Una delle 17 nelle quali la Spagna dopo Franco si è divisa per vaccinarsi contro nuovi centralismi e, però, il cui livello di autonomia appare fondato appunto più su ragioni storiche (e di identità) che di efficienza. È vero che, il primo livello di difesa rispetto ad un’emergenza è la capacità di una comunità di organizzarsi, facendo leva sulla propria conoscenza del territorio e che è, dunque, fondamentale che le istituzioni incoraggino l’addestramento di tali competenze diffuse. E, tuttavia, deve poter esserci anche un intervento immediato dello Stato se la portata dell’emergenza va oltre le possibilità di reazione locale.

C’è, però, un terzo più grave motivo che ha reso Valencia impotente. Ed esso supera ciò che ci si aspetta da un pur capace urbanista. Oggi, siamo tutti - forse quella zona della Spagna lo è particolarmente - esposti a una mutazione del clima che non era mai stata così rapida. Una città perfettamente disegnata per resistere sulla base dell’esperienza storica, potrebbe scoprirsi vulnerabile rispetto alle accelerazioni che stiamo per vivere. Accelerazioni scatenate da fenomeni che non controlla più né Valencia e neppure l’Unione Europea. Ci sono intere regioni che le assicurazioni ritengono semplicemente non più assicurabili. Anche negli stessi Paesi ricchi è il caso della Florida e, presto, potrebbe esserlo quello delle fabbriche tra Modena e Bologna.

Quello di Valencia è, in fondo, il paradosso di un mondo industrializzato che si trova a dover ripensare gli stessi strumenti intellettuali, civili e tecnici attraverso i quali ci attrezziamo a eventi che non riusciamo a prevedere. Ma è anche un monito forte a recuperare concretezza: a Valencia si sono sgretolate certezze che, oggi, sembrano costruite su un piano ideale che non è più utile a nessuno. E che spiega quella rabbia di chi si aspetta normalità e non trionfalismi.

Referenze 

K. Peddicord (2024), Is This Sun-Soaked Spot Europe’s Happiest Expat Haven? Link.

European Commission, Environment (2024) Link. 

WMO (2024) Devastating rainfall hits Spain in yet another flood-related disaster, Link

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