La sfida dei nuovi negazionisti climatici
Ripensare la transizione energetica
Editoriale di Francesco Grillo per Il Messaggero.
“Non c’è nessuna crisi climatica. E non è vero neppure che stiamo vivendo una transizione energetica”. Chris Wright sarà il ministro per l’Energia del Paese, gli USA, che è al primo posto nel mondo per produzione sia di petrolio che di gas. E anche in questo caso – nonostante le credenziali dell’imprenditore laureatosi al MIT di Boston – la nomina di Donald Trump ha scandalizzato molti. Perché estreme erano state le parole sulla non esistenza della "battaglia che misurerà il valore di un’intera generazione” (quella al cambiamento climatico) e che Wright scandì in un video qualche mese fa. E, tuttavia, ancora una volta, va riconosciuto che gli estremismi di Trump colgono una parte della verità e, dunque, devono funzionare da sveglia. Anche per riformare meccanismi di "governo globale" come la conferenza delle Nazioni Unite sul clima (Cop) di cui a Baku si è appena celebrata l'edizione più inutile.
Quando parliamo di “transizione energetica”, mettiamo, in realtà, insieme almeno quattro grandi trasformazioni (e fu un errore chiamarle transizioni sottovalutandone la portata) che sono necessarie per abbandonare gradualmente – come concordarono 195 paesi (su 198) a Dubai lo scorso anno – un modello che è stato per decenni centrato sui combustibili fossili. Le quattro trasformazioni stanno procedendo con intensità diverse. Con non poche contraddizioni. E con una velocità che è molto differenziata in economie diverse. L’effetto netto è che di questa mutazione complessiva non riusciamo neppure ad avere una stima del costo che essa comporta.
La prima trasformazione ha a che fare con quanto efficientemente utilizziamo l’energia (a prescindere dalla sua fonte). Quanto, cioè, riusciamo a ridurre gli spechi. Ciò che molti sembrano ignorare è che non è assolutamente vero che il consumo di energia sia ineludibilmente legato ad una crescita economica e della popolazione che non ha fine. E, anzi, quella dell’efficienza è la leva finora più efficace. Dall’inizio del secolo, il PIL del mondo è raddoppiato e, tuttavia, l’energia consumata è aumentato “solo” del 50%. In Europa, la quantità di energia necessaria per produrre una certa quantità di PIL si è ridotta di due terzi ed è un processo cominciato prima ancora che si cominciasse a parlare di cambiamento climatico (alla fine degli anni Settanta come reazione alle prime crisi del petrolio). Le tecnologie - ad esempio quelle che controllano il calore o l’elettricità in casa e ufficio - stanno producendo un ulteriore salto.
In secondo luogo, c’è la questione di quanto sta, cioè, crescendo la percentuale di energia che ci arriva sotto forma di elettricità: la distribuzione comporta un investimento iniziale ingente in reti (e batterie), ma consente molta più flessibilità di logistiche fatte di gasdotti e petroliere. Su questo i progressi – nonostante grandi aspettative – sono molto inferiori. Venticinque anni fa, l’elettricità copriva il 20% dei consumi di energia nel mondo; oggi siamo al 25%. Le differenze tra Paesi sono, tuttavia, enormi: la Cina ha raddoppiato il peso della propria rete elettrica sui consumi finali; negli Stati Uniti, quella percentuale si è ridotta segnalando un problema di infrastruttura.
C’è, poi, il tema che ha più dominato il dibattito: quello delle rinnovabili. È vero che la quota di elettricità che viene dal solare e dall’eolico è molto aumentata negli ultimi anni e che tale tendenza è destinata a durare grazie alla forte riduzione dei loro costi di produzione (che le stime sul costo della transizione ignorano). Ma ciò nasconde – almeno per quanto riguarda l’Europa – due problemi: l’incremento è quasi interamente compensato da una diminuzione nell’utilizzo di energia nucleare (che è anch’essa rinnovabile); in secondo luogo, ci espone alla dipendenza dal controllo che un singolo Paese – la Cina – ha su molte delle tecnologie chiave (pannelli, turbine, batterie).
Infine, la quarta possibile evoluzione: in un contesto nel quale c’è un forte investimento in reti intelligenti e il costo del solare diminuisce, è teoricamente possibile che ciascuna casa, piccola comunità comincia a produrre l’energia di cui ha bisogno (vendendo alla rete eventuali surplus). È un’evoluzione questa che sta procedendo ancora più lentamente delle altre tre. Persino in Germania, il Paese che più fortemente l’ha promossa. Essa appare rallentata dagli interessi di chi gestisce la rete.
Quattro trasformazioni. Che procedono in maniera diversa e che, però, come sembra ricordare Chris Wright hanno finora prodotto topolini. Nel 2000, l’85% dell’energia che fa “girare il mondo” veniva da combustibili fossili; nel 2023, dopo 23 COP sul clima e centinaia di solenni impegni (accompagnati da ingenti investimenti pubblici), quella percentuale è dell’81%. Peraltro circolano stime sul costo della trasformazione (la Mckinsey calcola che essa sia equivalente a metà delle imposte a livello mondiale) che sono regolarmente sovradimensionate, proprio perché della grande trasformazione non abbiamo neppure una definizione precisa.
Fu un errore legare le ragioni di un cambiamento così ambizioso alla sola, sacrosanta guerra al cambiamento climatico. In effetti, trasformare il modo in cui facciamo girare il mondo è urgente: un mondo in cui la trasformazione fosse compiuta, sarebbe meno inquinato e con bollette meno care. Un mondo più sicuro. Non solo perché meno dipendente da dittatori che vivono di fossili, ma anche perché è più stabile un modello nel quale c’è meno concentrazione di risorse critiche. Tre traguardi ai quali va attaccato un ritorno che trasformi il costo della mutazione di un modello in un investimento al quale partecipino capitali privati.
È una sfida nuova quella che viene lanciata dall’ultima generazione degli scettici del clima. Sarà indispensabile trovare il coraggio di rivedere radicalmente le istituzioni (come Cop) che usiamo per rispondere alle crisi. Usando l’umilità di chi non parte immaginando di avere la verità in tasca e il pragmatismo feroce di chi vuol far parlare i risultati.
Referenze
Grillo F., Rosa V., (2024) Is there a realistic approach to reforming the global governance of climate change? Link.
The Economist (2024) The energy transition will be much cheaper than you think. Link.
McKinsey (2024) The net-zero transition: What it would cost, what it could bring. Link.