La sfida dell'AI per la nuova "rerum novarum"
Perchè la mutazione digitale è diversa dalla rivoluzione industriale
Articolo di Francesco Grillo per Il Messaggero
“I portentosi progressi delle arti e i nuovi metodi dell'industria; le mutate relazioni tra padroni e operai; l’accumulo della ricchezza in poche mani e la crescente diffusione della povertà; il sentimento delle proprie forze divenuto più vivo nelle classi lavoratrici… hanno fatto scoppiare il conflitto”. Sono le prime parole di quello che è considerato uno dei testi più importanti dell’Ottocento, insieme al Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e al saggio Sulla libertà di John Stuart Mill. L’enciclica di Leone XIII, primo Papa a trovarsi a capo di una Chiesa priva di uno Stato, intese proporre una lettura della rivoluzione industriale alternativa sia a quella socialista che a quella liberale. Oggi, Leone XIV, con la scelta del nome, mette al centro del suo pontificato la stessa ambizione intellettuale e sociale. Tuttavia, rispetto a 150 anni fa, la rivoluzione attuale presenta due differenze radicali. Differenze che complicano l’operazione, come ben sanno i leader di un’istituzione millenaria.
L’enciclica con cui il Papa elaborò una teoria della Chiesa sulle “cose nuove” (Rerum novarum) risale al 1891. Roma contava circa 250 mila abitanti (meno di un sesto rispetto a quelli che vi risiedevano duemila anni prima) ed era – come il resto del mondo – priva di elettricità e di telefoni. Sono passati solo 150 anni da allora, eppure la società umana ha conosciuto un’accelerazione mai vista prima. Quella che Leone definiva “l’ardente brama di novità” stava già producendo progressi impensabili e contraddizioni laceranti. La Chiesa, con la sua dottrina sociale, cercò un equilibrio tra chi riteneva necessario incoraggiare l’innovazione distruttiva dei capitani d’industria e chi rispondeva organizzando e profetizzando la lotta di classe. Il Papa individuò nell’affermazione dei diritti dei lavoratori a un’occupazione e a un salario dignitoso, nonché nella nascita di associazioni che li tutelassero, l’antidoto al conflitto. In questo, la dottrina di una Chiesa che decise di “scendere in campo” si pone in sorprendente continuità con i primi sindacati fondati dal Partito Socialista, nato l’anno successivo all’enciclica.
Dopo 150 anni, in un mondo ancora più scintillante e lacerato, il nuovo Leone si trova di fronte a un compito intellettualmente più complesso. Per due motivi.
Il primo è che quella in corso non è una rivoluzione industriale, ma una mutazione biologica. La rivoluzione iniziata nella seconda metà del Settecento con i telai meccanici – e poi accelerata dalle ferrovie – trasformava il mondo esterno: aumentava la produttività e sostituiva l’umanità dei piccoli artigiani con moltitudini di operai che possedevano solo la propria forza lavoro. La trasformazione digitale, invece, ci cambia dall’interno. Da tempo sta modificando i nostri processi cognitivi: il modo in cui trasformiamo l’informazione in conoscenza, ovvero il modo in cui pensiamo. Arriva a toccare persino ciò che i cristiani chiamano “anima”. Con l’intelligenza artificiale, le capacità che ci hanno definiti potrebbero persino essere sostituite da macchine velocissime (e senza sogni). La rivoluzione industriale generava povertà; quella dell’intelligenza artificiale rischia di renderci inutili.
La seconda differenza è che, mentre Leone XIII scriveva in competizione con le teorie di Karl Marx e di John Stuart Mill, Leone XIV si trova davanti a un vuoto. Oggi non c’è nessuno – neppure nelle grandi società di consulenza o nelle università in cui si è formata la mia generazione – che possieda una teoria complessiva di ciò che sta accadendo. Forse proprio perché – come ammonirebbero gli scienziati naturali che formularono il principio di indeterminazione – il cambiamento non riguarda solo i fatti osservati, ma anche la posizione dell’osservatore. Abbiamo bisogno di nuovi strumenti per comprendere la conoscenza, proprio mentre il mondo cambia sotto i nostri occhi.
Un mondo ridotto a inseguire una cronaca squallida, a vivisezionare sintomi di malesseri ben più profondi, non ha più la forza di studiare e quindi di risolvere i problemi. Tra questi sintomi vi sono anche i populismi – inclusi quelli americani – rispetto ai quali ci limitiamo a dividerci in tribù polarizzate (a cui qualcuno vorrebbe persino l’adesione del Papa stesso). La Chiesa può farcela. O, meglio, può contribuire – insieme ad altri uomini e donne di buona volontà e coraggio – a trovare una chiave per comprendere e, quindi, agire. Forse a darle un vantaggio è proprio il sentirsi parte di una storia millenaria. Del resto, il futuro non si può comprendere senza la memoria storica di chi, prima di noi, ha cercato di cogliere il senso delle “cose nuove”.
Referenze
Business Insider. (2025, May 11). Pope Leo XIV identifies AI as humanity’s new challenge, echoing Rerum Novarum. Link.
Pullella, P. (2025, May). Pope Leo XIV invokes Leo XIII to confront the age of artificial intelligence. Link.
Reuters. (2025, May). Pope Leo tells cardinals they must continue the precious legacy of Pope Francis. Link.