L'insostenibile leggerezza dell'Europa

E il non accordo sui dazi

tariffs EU US

Editoriale di Francesco Grillo per il Messaggero.

 

L’insostenibile leggerezza dell’Europa. Tre anni e mezzo fa, a pochi giorni dall’invasione dell’Ucraina, l’elemento di maggiore preoccupazione erala leggerezza dei nostri sentimenti e con essa la nostra capacità di reagire. In quell’occasione, fu un ex comico diventato presidente del consiglio a trovare il coraggio di invertire una storia che sembrava già scritta e a darci la possibilità di difendere ciò che ci definisce. Tre anni e mezzo dopo, sembriamo ancora più insopportabilmente trasparenti. Di fronte all’orrore di Gaza e all’idea che il nostro miglior alleato sia diventato un avversario, l’Europa si scopre, ancora più nuda. E ciò che preoccupa di più è che sia l’intera società europea – non solo la sua leadership – a sentirsi impotente. Ridotta alla speranza che la prossima vacanza (semmai riuscissimo a trovare una destinazione non ancora in guerra tra quelle che sono a un’ora da casa) ci porti almeno per un meselontani dalla necessità di dover pensare al futuro. E, tuttavia, come dimostra l’esito incerto del negoziato sui dazi, il nodo è sempre più stretto: o accettiamo di poter sacrificare un pezzo di una stabilità sempre più fragile o siamo condannati a giocare un gioco che non è il nostro. E a perdere.

L’esito che Ursula von der Leyen ha salutato dalla Scozia, come il più grande accordo commerciale della storia, ha conseguenze economiche meno negative di quanto si temeva.Il problema è che esse sono assai incerte. Nel breve periodo, infatti, non è chiaro in che misura riusciranno le aziende europee a scaricare sui consumatori americani il costo della tassa del 15% sul prezzo di tutti i beni che continuassero ad arrivare alla dogana americana. E non è, peraltro, neppure scontato che le esportazioni europee non vengano avvantaggiate da dazi che sono aumentati meno che per gli altri principali partner commerciali degli Stati Uniti (Cina, Canada, Messico): il prezzo di un’automobile Volkswagen potrebbe aumentare meno di quello di un’autovettura BYD prodotta a Shenzen e ciò potrebbe creare un paradossale vantaggio competitivo.

E, tuttavia, la sconfitta dell’Unione è netta sul piano della politica. Non stiamo riuscendo a proporre alcun altro schema di gioco che non sia quello imposto dal Presidente degli StatiUniti. In fondo un giocatore di poker ha già vinto semplicemente perché gli altri hanno accettato di sedersi al suo tavolo edeve essere questa la logica di comportamenti che non riusciamo a razionalizzare. 

La dichiarazione rilasciata dal campo di golf più esclusivo del mondo, dice che l’Europa non è riuscita a proporre nulla di diverso che non sia seguireTrump nella tattica delle dichiarazioni che non possono diventare impegni. E che sembrano, anzi, fatte apposta per essere rinegoziate all’infinito. Non si capisce, altrimenti, perché condizionare la misura dei dazi, ad esempio, all’”intenzione” europea di comprare una quantità di gas che, comunque, gli Stati Uniti non riuscirebbero a produrre. Stiamo accettando la logica di procedere per singolo affare (deal), sapendo che ciò non potrà, mai, sciogliere l’incertezza di cui le imprese stanno già pagando il prezzo. E lo accettiamo perché il metodo con il quale abbiamo provato a governare quellbestia che qualcuno chiama complessitàsi è liquefatto.

Il multilateralismo non c’è quasi più e costruire una modalità di governo nuovo esige idee nuove. Nonchéla capacità di adattamentoche il conflitto comporta. Adattamento al rischio di rimanere, ad esempio, come ricordava Giuseppe Vegas qualche giorno fa, senza cloud per un po' di tempoIl tempo necessario per costruire un’offerta digitale europea.

Vince Trump sul piano della politica e dei simboli (in attesa che mercati imperfetti decidano a chi credere) perché l’Europa si ritrova senza idee e senza il coraggio di viaggiare – con chi ci sta e senza perdere il tempo in unanimità impossibili su altre strade. Ed è questa la leggerezza che ci fa essere senza voce anche di fronte all’orrore che sta prendendo a picconate i valori sui quali abbiamo costruito un progetto. È evidente che non possiamo non reagire alla tragedia Gaza con una forza che sia uguale a quella che siamo riusciti ad avere per difendere Kiev e i suoi “eroi per caso”. Oggi gli eroi sono medici (molti italiani e francesi) che stanno provando a salvare la coscienza di un’Europa rimasta, per l’ennesima volta, ad osservareattraverso il buco di una serratura. I martiri sono due milioni di adolescenti presi in ostaggio dagli stessi terroristi che rapirono centinaia di loro coetanei due anni fa, E, oggi il massacro si sta avvicinando sempre di più ad un’ipotesi indicibile per un popolo che ha vissuto il più spietato dei genocidi. Quel popolo fa parte integrante dei nostri valori, della nostra cultura. Dei sensi di colpa sui quali abbiamo saputo una memoria che da senso

Ma, di nuovo, la storia, il confronto con chi fa parte della tua storia, richiede una forza che questa leggerezza non ci consente. Il successo di Trump; il consenso che Putin continua ancora a raccogliere; quello di chi immagina di svuotare la striscia di Gaza sono, in fondo, lo specchio dell’incapacità diuna società disabituata al conflitto, di concepire una qualsiasi visione. È una situazione opposta a quella raccontata da chi raccontò un’altra “leggerezza” vissuta dagli intellettuali di una Praga che cercava di superare il conformismo e recuperare libertà. Noi la libertà la stiamo progressivamente perdendorimandando il momento in cui dovremo fare davvero i conti con la fine di un mondo di cui non vediamo alcuna alternativa

 

Sources:

Politico. Luglio 2025. EU-US trade deal: The biggest losers and (a few) winners. Link.

The Financial Times. Luglio 2025. The EU has validated Trump’s bullying trade agenda. Link.

European Commission. Luglio 2025. EU-US trade deal explained. Link.

 

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