La partita della nomina del commissario italiano a Bruxelles

Il valore del pragmatismo per riformare le politiche fiscali europee.

FItto article

Articolo di Francesco Grillo su Il Messaggero e Il Gazzettino.

 

La partita che a Bruxelles si gioca il governo italiano nei prossimi giorni, si vince solo se il Presidente del Consiglio riesce a darle una rilevanza che sia, appunto, europea. Per vincere, il candidato italiano deve riuscire a rappresentare – con l’equilibrio delicato che il lavoro nella Commissione richiede - un’idea di riforma complessiva degli strumenti fiscali dell’Unione. Sbagliato sarebbe, invece, pensare ad un prossimo Commissario che sia responsabile del portafoglio più sostanzioso (il nuovo Fondo di Rilancio e Resilienza - RRF, ma anche le vecchie politiche di coesione), quale garante del Paese che maggiormente ne beneficia. Il ripensamento (e la gestione) delle due grandi politiche fiscali europee, può riuscire ad un commissario che abbia il pragmatismo di mettere finalmente insieme sia il criterio dell’efficienza (fondamentale anche per molti conservatori) che quello della solidarietà (che l’Italia ha interesse a difendere).

Ministro per gli affari europei, le politiche di coesione, il Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza (PNRR), con delega per il Sud: il dicastero diretto dal Ministro Fitto (curiosamente definito “senza portafoglio” perché tecnicamente svolge funzioni che gli sono delegate dal Presidente del Consiglio) è certamente il nome più lungo. Del resto, è anche quello al quale il governo Meloni ha affidato la sfida più importante: riuscire nel miracolo di spendere entro il 2026, i 195 miliardi di euro che l’Unione Europea ha destinato all’Italia con il PNRR.

Il Ministro che punta a replicare le sue responsabilità su un piano europeo si è conquistato in due anni almeno due riscontri che ne consolidano la credibilità.

Il primo è stato quello di riuscire a lavorare nel miglior modo possibile entro i vincoli del dossier difficile ereditato. È la Commissione Europea a certificarlo avendo appena trasferito all’Italia la quinta rata dell’intero PNRR a verifica dell’avanzamento dei “traguardi e obiettivi” (milestones and targets) che ne scandiscono la realizzazione: in Europa c’è solo la Croazia che è così avanti (su un piano venti volte più piccolo) e abbiamo già ricevuto dal conto corrente dell’Unione il 59% delle risorse del PNRR (anche se ne abbiamo spese – alla fine dello scorso anno – solo un quarto, con alcuni ritardi critici su sanità e università).

Il secondo merito del Ministro è stato quello di utilizzare i risultati ottenuti per avanzare proposte di correttivi che hanno già avuto l’effetto di allentare alcune eccessive rigidità del quadro regolamentare iniziale. Due anni fa, uno dei pochi dibattiti seri della campagna elettorale fu sulla possibilità di modificare in corso il PNRR (e di allungarne il termine ultimo) per tener conto di eventuali difficoltà o shock esterni: è merito anche del Ministro che il dogma dell’impossibilità di (ancora limitate) riprogrammazioni sulla base di esigenze specifiche al Paese, sia stato ridimensionato.

Vale più di mille miliardi (circa 650 sul RRF e 370 sui Fondi Strutturali per le politiche di coesione) il portafoglio che potrebbe affidato al commissario italiano e l’Italia ne è – di gran lunga – il primo beneficiario (complessivamente 237 miliardi rispetto ai 197 della Spagna e ai 135 della Polonia che ci seguono per volume di aspettative). Ma le sue possibilità verrebbero accresciute se la delega fosse completata da una vicepresidenza (la delega dell’attuale commissario agli affari economici Gentiloni è, ad esempio, contenuta dalla necessita di coordinarsi con il Vicepresidente, Valdis Dombrovskis). A molto “potere” corrisponderebbe, però, altrettanta responsabilità. Il nuovo commissario si troverebbe a gestire due enormi politiche e ad impostarne una riforma altrettanto vasta.

Innanzitutto, dovrebbe lanciare una valutazione molto più strutturata di quella che attualmente sta realizzando la Commissione per capire cosa sta funzionando del RRF: per ciascuno dei 27 Paesi e per ciascuna delle sei priorità di investimento (dall’ambiente al digitale). È un lavoro questo fondamentale per capire se – come suggerisce il buon senso e la migliore accademia – ha senso rendere permanente una capacità fiscale dell’Unione che sia autonoma dai contributi dei singoli Stati. E sulla base di quali miglioramenti rispetto all’esperienza che stiamo facendo.

In secondo luogo, non meno urgente è riorganizzare la spesa dei fondi strutturali (quelli dai quali ci si aspetta – da trent’anni – il miracolo di vedere la soluzione dell’antica questione meridionale). Le evidenze dicono che al dicembre 2023 l’Italia aveva speso, in due anni, quasi il 25% del PNRR e solo l’1% dei 42 miliardi di fondi strutturali per il periodo 2021 – 2027. Ma anche a livello europeo le politiche di coesione sembrano funzionare sempre meno: i numeri EUROSTAT indicano che da 15 anni le divergenze tra regioni stanno aumentando.

Un’idea potrebbe essere quella di usare la prossima riprogrammazione per recuperare resa e di cominciare a immaginare un’integrazione dei due grandi strumenti – RRF e fondi strutturali – utilizzando dappertutto un metodo che leghi i pagamenti della commissione ai risultati concretamente raggiunti (come per l’RRF, anche se fortemente semplificati rispetto ai circa mille che articolano il PNRR italiano).

Giorgia Meloni e Ursula von DER Leyen stanno entrambe proponendo una leadership fatta di pragmatismo e ambizione. Un commissario che – senza clamori – ricomponga il dovere di dar conto di ogni euro speso e quello di orientare gli investimenti pubblici necessari a rendere il continente capace di competere, può riuscire nell’obiettivo di superare con i risultati contrapposizioni che non hanno più senso.

 

Referenze:

Commissione Europea (2024). Il dispositivo per la ripresa e la resilienza. Link.

Ministero dell'Economia e delle Finanze (2021). Link.

European Commission (2024). Cohesion for a competitive and inclusive Europe – Report of the High-Level Group on the Future of Cohesion Policy. Link.

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