È possibile regolare l'intelligenza artificiale?
I limiti dell'approccio europeo e le possibili prospettive.
Editoriale di Francesco Grillo per Il Sole 24 Ore.
Risale al 1950, al racconto di Isaac Asimov sui robot dotati di cervello, il primo tentativo di regolare l’intelligenza artificiale.
“Un robot deve proteggere il suo creatore. Deve obbedire agli ordini che riceve, a meno che essi non rechino danno a un essere umano. Deve, infine, proteggere la propria esistenza, purché ciò non contraddica i due precedenti principi”.
A distanza di 73 anni siamo davvero arrivati sulla soglia di una rivoluzione che può farci entrare in un mondo di cui non riusciamo neppure a immaginare i contorni. E la domanda è ancora quella alla quale cercò una risposta Asimov: è possibile regolare l’intelligenza artificiale? Può essere efficace l’approccio che stiamo seguendo in Europa?
Chat-GPT, l’applicazione sviluppata dalla fondazione Open-AI (che è senza fini di lucro e però è finanziata da Microsoft per prendersi una fetta del mercato più profittevole del mondo, quello del marketing digitale), è già il prodotto più velocemente adottato nella storia: 100 milioni di utilizzatori in due mesi dal debutto. Dimostrando accuratezza nel fornire risposte istantanee a domande complesse, la chat divora lo spazio occupato da centinaia di lavori che (dalle università ai tribunali) consistono nel fare sintesi di ciò che dicono altri. Ancora più vitale è però la partita che si gioca per il controllo dei “motori di ricerca”: un assistente digitale che cerca le informazioni sulla rete restituendole in maniera organizzata, spiazza il metodo stesso usato per due decenni da quella che è l’azienda – Alphabet – che è diventata il sistema nervoso della rete. E, tuttavia, Chat-GPT non è da sola. Le risponde la stessa Alphabet con Bard; ma anche Baidu (la Google cinese) con Ernie. Laddove accanto ai giganti di Internet, si stanno muovendo start up di grande talento: NEEVA, You.com, C3.ai.
LIVELLO DI SVILUPPO DELL’AI NEI PRIMI 10 PAESI + ITALIA
(MEDIA PONDERATA TRA LIVELLO DI ATTUAZIONE, INNOVAZIONE E INVESTIMENTI)
FONTE: DATI DI VISION BASATI SULLA POSIZIONE DEI PAESI NELLA CLASSIFICA DEL GLOBAL AI INDEX DI TORTOIS.
NB: L'Italia, 31esima nella classifica del Global Index.
Ciò che però preoccupa è l’assenza dell’Europa. Che nella partita per la leadership digitale globale non è neppure scesa in campo (a differenza dell’India o dello stesso Regno Unito). Siamo invece al primo posto nella classifica per la produzione di leggi sul digitale (il think tank Vision ne calcola dieci negli ultimi otto anni articolate in 563 articoli).
LA PRODUZIONE REGOLAMENTARE SUL DIGITALE ( UNIONE EUROPEA, 2016 - 2022)
FONTE: Commissione Europea e Parlamento Europeo
Un tentativo che incontra tre problemi concettuali che diventano più evidenti quando provi a controllare l’intelligenza artificiale.
Innanzitutto, è molto difficile definire un fenomeno sulla cui natura discettano, da secoli, scienziati e filosofi. L’ultima proposta del Consiglio europeo rende più precisa la definizione (per non allargarla ad un qualsiasi software) e, però, il riferimento ad un “sistema che consiglia sulla base di una qualche apprendimento” è ancora estendibile quasi a tutto (incluse le librerie di film come Netflix).
In secondo luogo, c’è la difficoltà a legiferare su un fenomeno la cui velocità è tale che – anche solo dopo l’ultima posizione del Consiglio espressa a fine novembre 2022 – è successa, appunto, una novità enorme come il lancio della Chat di Open-AI.
Infine, parliamo di processi globali che per definizione necessitano di strumenti di governo altrettanto globali. Se ci limitassimo a volerli disciplinare dall’Europa, rischieremmo di farci male due volte. Non ne eviteremmo le conseguenze più temute: impedire che si usino sistemi di identificazione biometrica in luoghi pubblici in Europa, può persino accelerare tali sperimentazioni in Paesi che si fanno meno scrupoli in attesa di spiarci attraverso i satelliti. E ne perderemmo i potenziali benefici: pretendere che i veicoli a guida autonoma siano sempre sorvegliati da una persona significa abbandonare definitivamente una delle più interessanti possibilità che ha l’industria automobilistica europea di sfuggire alla propria obsolescenza.
L’alternativa alla bulimia regolamentare che, ormai, sembra essere il riflesso condizionato della Commissione Europea, può essere un approccio pragmatico come quello che stanno seguendo gli inglesi (con la Competition and Market Authorities): intervenire su singole, grandi implicazioni del progresso tecnologico pesando – caso per caso – rischi e opportunità.
L’Europa non può più partire dall’assunto di doversi difendere da fenomeni che siamo ridotti a consumare. Anche Asimov era consapevole che le sue tre leggi creavano paradossi inquietanti. E, tuttavia, dobbiamo affrontare il futuro con l’ambizione controllata di chi sa che non ha alternative. Quella che fu, in fondo, dei navigatori europei che cambiarono la storia osando per primi esplorare mondi completamente nuovi.