Comunque vada, sarà open source
Una delle grandi incognite che aleggiano sul futuro dei grandi sistemi tecnologici é lo spettro di una nuova cortina di ferro
Articolo di Marco Berlinguer
Una delle grandi incognite che aleggiano sul futuro dei grandi sistemi tecnologici é lo spettro di una nuova cortina di ferro. La possibilitá che, per effetto delle tensioni geopolitiche ed economiche - in primis tra Stati Uniti e Cina - si fratturino i sentieri del loro sviluppo, e si formino relative zone d’influenza ed ecosistemi incompatibili.
In verità, non é chiaro al momento cosa potrebbe significare in concreto una tale deriva e le combinazioni tra linee di frattura e convergenza potrebbero essere molteplici. C’è tuttavia un altro tema sottotraccia che sicuramente giocherá – comunque vada - un ruolo da protagonista in questa vicenda.
Ed è l’open source.
Tre eventi l’anno scorso hanno scosso l’ecosistema dell’open source. Messi in fila offrono una plastica rapresentazione dei cambiamenti epocali che sono avvenuti attorno a questo innovativo modello di produzione del software.
Tre eventi l’anno scorso hanno scosso l’ecosistema dell’open source.
Alla fine del 2018 Microsoft, che é stata storicamente l’avversario più accanito del Free software, ha annunciato l'acquisizione di GitHub, la principale piattaforma per lo sviluppo di open source. Non é stato peró un tentativo di sopprimere l’avversario storico. É stato invece il culmine di un radicale – e obbligato – riposizionamento di Microsoft, cominciato alcuni anni fa. La tendenza ormai irresistibile dell’open source a prevalere sulle frontiere dell’innovazione digitale ha obbligato Microsoft a cambiare radicalmente la sua relazione con questo universo. Per capire l’importanza che Microsoft attribuisce a questo suo riposizionamento, vale aggiungere che GitHub é stata pagata 7,5 miliardi di dollari, quasi quattro volte l’ultima valutazione che aveva ricevuto la piattaforma.
A seguire, pochi mesi dopo, IBM ha annunciato l’acquisto di RedHat, la più grande azienda di servizi open source. In questo caso, IBM ha sborsato 34 miliardi di dollari. Il sovraprezzo pagato é stato del 40% rispetto alla sua valutazione in borsa. Viene considerata una delle piú grandi acquisizioni tecnologiche della storia. Infine, sempre l’anno scorso, la Commissione Europea ha imposto una spettacolare multa a Google – di 4,3 miliardi di euro - per aver abusato della sua posizione dominante nella telefonia mobile, ottenuta con il suo sistema operativo open source Android.
Come si vede, tre eventi molto importanti, che messi in fila ci raccontano almeno tre cose. Che l’open source è ormai sulla via di diventare il modello standard per la produzione di software; che é come dire che l'industria e la tecnologia chiave del digitale stanno abbandonando il modello della proprietá intellettuale. Secondo, che l’open source é diventato il terreno principale su cui si gioca la concorrenza capitalistica sulle frontiere dell'innovazione nel software. Terzo, che stanno emergendo nuove potenti forme di concentrazione dentro questo ecosistema.
L’open source è sulla via di diventare il modello standard per la produzione di software; é diventato il terreno principale su cui si gioca la concorrenza capitalistica sulle frontiere dell'innovazione nel software; stanno emergendo nuove potenti forme di concentrazione dentro questo ecosistema.
Sono tutte novitá ancora scarsamente metabolizzate da parte di chi si occupa di innovazione tecnologica e digitale. Mentre sono pressoché ignorate nel piú ampio ambito della ricerca politica ed economica.
Eppure non dovrebbe essere cosí. Perché l’open source dominerá lo sviluppo dei grandi sistemi tecnologici e delle infrastrutture della societá digitale. E perché l’open source è un modello nuovo di organizzazione della produzione e dell’innovazione, la cui governance propone ancora oggi molte sfide e richiederá importanti innovazioni nel futuro.
Una delle peculiarità maggiori del software libero e aperto é che è organizzato intorno a un moderno commons. Le licenze con cui viene rilasciato il software, infatti, permettono a chiunque di analizzare, usare, riprodurre, modificare, distribuire i suoi algoritmi. È una peculiarità che ha reso laboriosa la sua metabolizzazione nel mercato – è difficile infatti trasformarlo in una merce in queste condizioni – e che ancora oggi spiazza molti.
Per questo l’open source è stato, in tutta la sua parabola, un grande laboratorio di innovazioni: nelle forme di proprietá cosí come nei sistemi di governance, nei modelli di sostenibilitá e commercializzazione cosí come nell’organizzazione di ecosistemi produttivi o di mantenimento di infrastrutture. E continuerà ad essere un laboratorio anche in questa fase di accelerazione del dispiegamento e della penetrazione dei sistemi digitali in tutti gli ambiti della vita economica, sociale, politica. È già cosí: nel Cloud, nell’Intelligenza artificiale, nell’Internet delle cose, nella Blockchain, nei Big data e persino nel 5G.
Così anche il conflitto tra USA e Cina sul 5G, o quello tra Huwaei e Google sui sistemi operativi della telefonia mobile, finirà per approdare su questo terreno. Huawei ha giá annunciato che il sistema operativo che sta preparando per rendersi autonoma da Android sarà open source. Mentre per il 5G, la situazione al momento è che Huawei difende il modello della proprietà intellettuale, per avvantaggiarsi della sua leadership tecnologica, mentre l’industria nordamericana spinge per soluzioni open source. Ma anche il gigante cinese potrebbe infine decidere, per tante ragioni, di rendere trasparenti i suoi algoritmi.
Cosicché, qualunque sará la direzione verso la quale si sviluperanno queste tensioni, l’open source sará protagonista: tanto se ci si muoverá nella direzione di convergere verso nuovi commons globali, come anche se invece si andrá verso una competizione tra diverse coalizioni in lotta tra loro per affermare i propri standards e i propri ecosistemi produttivi. E questo vuol dire che – comunque vada – attorno all’open source vedremo sorgere nuove forme di governance politica ed economica.