Da fatti d'unione a unione di fatto
Come la Dichiarazione di Meseberg e le elezioni europee possono riformare la fiscalità europea
Articolo di Andrea Iannone
Due poteri essenziali di uno stato sono stampare moneta e tassare. Sebbene alcuni economisti di recente dicano che la capacità di spesa non sia connessa alla tassazione (Kelton, Galbraith) e che quest’ultima serva invece a rimuovere dalla circolazione liquidità in eccesso (che altrimenti porterebbe a inflazione pericolosa), il consenso generale è che la tassazione accumula riserve da cui uno stato può attingere per offrire servizi essenziali ai propri cittadini.
Eppure, nella zona Euro, moneta viene emessa ma non riscossa comunemente. Infatti, la particolare natura dell’Unione Europea, che pur non essendo uno stato stampa moneta che circola solo in poco più di metà dei paesi membri, lascia molti perplessi su come allineare questi due poteri.
La Dichiarazione di Meseberg, firmata a giugno da Emmanuel Macron e Angela Merkel, ha stabilito la prima pubblica ammissione dell’accordo franco-tedesco di creare un piano di spesa comune per la zona Euro. In incontri successivi - l’ultimo dei quali si è svolto la settimana scorsa - i capi di rispettivamente stato e governo delle due principali economie del continente hanno ribadito il loro intento di creare, entro la fine del 2018, un trattato con il quale sviluppare nuovi strumenti di cooperazione economica, sociale e fiscale.
Sebbene timidi, incerti e a volte mal diretti (fondi per esplorazioni spaziali?!), questi sono primi passi essenziali per un’unione al momento in crisi esistenziale. La storia dello sviluppo ineguale dei 19 paesi dell’area Euro ha portato a squilibri di potere economico-finanziario esacerbati dalla risposta (tagli a spese pubbliche e aumenti d’imposta) alla crisi del 2008. Il divario Nord-Sud in Europa si è accentuato, avendo come conseguenza l’ormai stra-commentata ascesa di movimenti nazional-populisti.
Per migliorare il rapporto tra cittadini e istituzioni europee, dunque, appare evidente che bisogna andare oltre alle proposte di nuove imposte (Web Tax e Financial Transaction Tax). Un’unione monetaria coesa, con un piano comune di raccolta e di spesa, potrebbe arginare opinioni revanchiste se quel piano si trasformasse in azioni come quelle delineate da Yanis Varoufakis nella sua campagna tedesca per le elezioni europee di maggio 2019. Oltre all’enfasi su investimenti green, troviamo quelle sull’eliminazione dei paradisi fiscali europei e sull’implementazione di un servizio di pagamento d’imposte elettronico tra le proposte di maggior interesse dell’ex-Ministro delle Finanze greco.
Giuridicamente, stando a Meseberg e dichiarazioni successive, tale piano potrebbe essere giustificato dagli articoli 175 e 182 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Questi riguardano rispettivamente azioni specifiche di finanziamento oltre i fondi strutturali e lo sviluppo di attività di ricerca e sviluppo.
Per concludere, il dialogo tra Merkel e Macron offre un ottimo punto di partenza per discussioni sul futuro della politica di tassazione e di spesa nell’unione da approfondire urgentemente in questi mesi pre-elettorali. A questi talk è necessario che partecipi anche l’Italia, apportando idee nuove come quelle proposte da Varoufakis.